e dopo il COVID? Proteggere la salute e l’ambiente per prevenire le pandemie e altri disastri. Pubblicato un nuovo libro con contributi medici ISDE


Pubblicato il 30 Marzo 2022

È chiaro a tutti che la tragedia che ha coinvolto il mondo intero – in modo niente affatto imprevedibile – ha portato in primo piano il tema della salute come elemento imprescindibile per lo sviluppo anche economico della specie umana.
In altre parole, con la pandemia da COVID-19 è emersa con grande forza la consapevolezza che la salute non deve essere preso come un attributo del welfare, ma una componente essenziale dello sviluppo sociale, ma anche soprattutto economico, e quindi la necessità di un forte investimento nei Servizi sanitari pubblici con un approccio che valorizzi tutte le competenze in campo, puntando con chiarezza ad una stretta collaborazione tra: assistenza ospedaliera, cure primarie e presidi di prevenzione.

In questo quadro, mettere la salute al centro di una riforma per la sostenibilità sociale ed ecologica della nostra comunità, deve essere valutato con attenzione perché esistono vari e gravi rischi e limiti. In primo luogo perché si può confondere la salute con la felicità. Per esempio, si pensi al all’immensa quantità di informazioni e immagini che ci convincono che un corpo ideale sia l’unica strada verso la soddisfazione del bisogno di apparire in forma cioè sani ovvero “desiderabili”. Poi perché siamo indotti a pensare che la salute sia un fatto personale, e ne trascuriamo le dimensioni inter personali e collettive. Se invece si considerasse la salute in tale contesto più ampio, sarebbe possibile coniugare la necessità di proteggere il “patrimonio” del nostro corpo, che ci permette di metterci in relazione con l’esterno (gli altri, la cultura e l’ambiente), con la comprensione della sinergia tra auto-gestione dell’individuo e le azioni a livello della comunità. Si tratterebbe quindi di un approccio realistico e desiderabile, anche e soprattutto per affrontare le sfide globali che purtroppo ci attendono.

Oggi le sfide per la sostenibilità riguardano la nostra dipendenza in tutte le fasi della nostra vita dalla chimica, dai combustibili fossili e dalla società consumistica che confonde la crescita ad ogni costo con una crescita socialmente ed ecologicamente sostenibile. I successi ottenuti con le “nuove” soluzioni adottate in passato per affrontare rischi emergenti, sono la prova che siamo capaci di affrontare e superare gli ostacoli che ci si presentano. Tuttavia non dimentichiamo che le intuizioni individuali e i tentativi su piccola scala hanno più che altro un valore di ispirazione e guida. Molto più difficile è farli accettare e realizzare da parte delle comunità in un modo da poter risolvere realmente i problemi. Il valore di azioni individuali e necessariamente locali potrà essere quell’increspatura dell’onda che dà speranza e che spesso è il primo segnale di una marea cioè un cambiamento collettivo con effetti anche globali. Lo stesso concetto a cui si riferiva Robert Kennedy parlando del modo di superare l’apartheid. Così è stato in quel caso, occorre far sì che ora sia valido anche per le odierne sfide apparentemente irrisolvibili.

Infine il libro dedica una particolare attenzione al coinvolgimento nella prevenzione anche e soprattutto ambientale dell’assistenza primaria.
Sin dall’inizio della pandemia COVID-19 è apparso chiaro che le cure primarie (anche definite come “medicina sul territorio o di continuità”) avrebbero potuto svolgere un ruolo fondamentale nell’ assistenza clinica dei pazienti, ma anche nella promozione di una migliore consapevolezza del rischio e di una condivisione degli interventi preventivi da parte della comunità. Soprattutto se integrate con l’assistenza ospedaliera e i dipartimenti di prevenzione.
Partendo da questa consapevolezza è diventato sempre più chiaro che occorre mettere al primo posto dell’agenda delle politiche sanitarie anche e soprattutto a livello locale la costruzione di un senso di comunità, il potenziamento dei servizi territoriali, la coesione sociale e la resilienza nell’ affrontare crisi sanitarie della portata del COVID-19 , da future nuove pandemie a crisi ambientali.

Tutto questo è tanto più vero nel caso delle patologie croniche secondo il paradigma della sanità di iniziativa che significa che il bisogno di salute deve essere riconosciuto prima dell’insorgere della malattia o del suo aggravamento, adottando il modello concettuale del Chronic Care Model che a sua volta si fonda sulla capacità di differenziare, riconoscendoli, i bisogni della popolazione in relazione alla condizione clinica e di salute (stratificazione per gravità)

A fronte di questo quadro emerge che le cure primarie sono essenziali anche e soprattutto per fronteggiare i rischi ambientali e soprattutto dovuti al cambiamento climatico sulla base di tre elementi principali:

1. il ricco patrimonio scientifico e informativo in possesso dei Medici di Famiglia e le grandi potenzialità epidemiologiche dei dati in loro possesso mediante le Cartelle Cliniche Elettroniche – Electronic Medical Records (EMRs);
2. l’importanza del loro ruolo informativo, educativo ed anche etico (conoscere le cause della malattia e come prevenirla) nei confronti sia dei pazienti-cittadini che delle istituzioni;
3. La possibilità di integrare i medici delle cure primarie con le reti cliniche.

 

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