Rete legalità per il clima: azione legale contro gli allevamenti intesivi e il loro impatto sull’ambiente


Pubblicato il 14 Dicembre 2021

La Rete legalità per il clima, in nome proprio e per conto di 38 tra cittadini\e e associazioni, ha presentato un’istanza al Punto di Contatto Nazionale per le Linee Guida OCSE destinate alle Imprese Multinazionali (PCN) per affrontare e tentare di dirimere una questione urgente e cruciale: la compatibilità con le Line Guida delle emissioni climalteranti ed inquinanti prodotte dalle multinazionali che gestiscono gli allevamenti intensivi. Si tratta di un’iniziativa legale assolutamente pioneristica, volta a sollecitare azioni concrete da parte delle aziende del settore – oltre che la cittadinanza e la politica – per fare in modo che le emissioni inquinanti e climalteranti vengano ridotte e, in ogni caso, contenute.

Chi sono?

Rete legalità per il clima è costituita da ricercatori, giuristi e avvocati, esperti di Diritto climatico. Hanno raccolto l’ardua sfida, anche per conto di Cittadini e associazioni, di rivendicare il diritto umano al clima stabile e sicuro nei confronti di Istituzioni pubbliche, Stato e Imprese private che non stanno ponendo in essere alcuna azione per contrastare e contenere l’emergenza climatica in atto.

Che cosa chiedono?

Gli allevamenti intensivi di bestiame costituiscono una rilevante fonte antropogenica di emissioni di metano, nonché di diversi altri inquinanti atmosferici che producono svariati effetti ambientali negativi. Sotto il profilo ambientale, l’allevamento, soprattutto se attuato in forme intensive, è causa di molte delle principali categorie di danno ambientale, dall’inquinamento dell’aria e dell’acqua, alla distruzione di interi ecosistemi per fare posto a pascoli e monocolture destinate a produrre mangimi animali; all’alterazione dei cicli biogeochimici ed alla resistenza agli antibiotici.

Non solo, le emissioni prodotte incidono in modo preponderante sul riscaldamento globale e sul peggioramento delle condizioni di salubrità di aria ed acqua in termini di inquinamento atmosferico e delle falde. L’inquinamento atmosferico è, a sua volta, come noto, uno dei principali fattori che contribuiscono alla mortalità prematura ed al cambiamento climatico. Le attività zootecniche difatti, sono una sorgente importante di inquinanti atmosferici gassosi (NH3, CH4, N20, NOx, CO2, odori) ma anche di particolato atmosferico (PM o dust). Il particolato è oggi l’inquinante più diffuso nelle aree urbane e include il pericoloso PM 2,5 che, peraltro – secondo alcuni studi – ha favorito la diffusione del virus Covid-19.

Secondo i dati dell’ISPRA, la seconda fonte di inquinamento in Italia, dopo il riscaldamento domestico ed aziendale, è rappresentata proprio dagli allevamenti intensivi con il 17%, superiori quindi all’inquinamento prodotto dai trasporti stradali che si fermerebbe al 14%.

Perché agire ora?

L’Italia è considerato dagli scienziati un “hotspot climatico” e pagherà quindi, in termini di impatti, un dazio altissimo alla emergenza climatica:

  • un monitoraggio della Coldiretti su dati Isac-Cnr ha ricostruito nell’estate 2021 ben 1.300 eventi climatici estremi (nubifragi, bombe d’acqua, trombe d’aria, grandinate e tempeste di fulmini); una media di più di 14 eventi estremi al giorno lungo tutta la Penisola;
  • Legambiente ha pubblicato nel 2019 uno studio secondo cui, in base ai dati del Ministero dell’Ambiente, sono stati spesi 75,9 miliardi di euro dal 1944 al 2018 per far fronte ai danni provocati dagli eventi climatici estremi nel territorio italiano;
  • nel report “Climate Risk Index” redatto nel dicembre 2019 dalla ONG tedesca Germanwatch, l’Italia viene classificata – secondo i dati relativi al ventennio dal 1999 al 2018 – come il 6° paese al mondo per vittime provocate da eventi climatici estremi ed il 18°per numero di perdite economiche pro capite.
  • dal 1999 al 2018 gli eventi meteorologici estremi in Italia hanno provocato quasi ventimila morti e perdite economiche quantificate in quasi 33 miliardi di dollari.

La drastica riduzione delle emissioni climalteranti prodotte dagli allevamenti intensivi porterebbe un doppio vantaggio: sia di lotta al riscaldamento globale e all’inquinamento, sia di miglioramento della salubrità dell’ambiente e della salute delle persone.

Cosa succederà?

A seguito del deposito dell’istanza da parte degli avv.ti Veronica Dini e Luca Saltalamacchia e del prof. Michele Carducci, il PCN inviterà le multinazionali indicate a partecipare alla procedura. I promotori auspicano che le Aziende accettino di avviare un confronto che promette di essere non solo centrale per la nostra salute e sopravvivenza ma anche estremamente significativo per chiunque vi partecipi.

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